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Abusi e violenza nello sport: la disciplina del safeguarding

18 Novembre 2024

Negli ultimi dieci anni in diverse parti del mondo sono stati compiuti studi sulla presenza di abusi e violenza nello sport e ovunque sono emersi dati allarmanti

Per promuovere una diffusa sensibilizzazione sul tema, nel 2020 Unicef ha pubblicato una ricerca1 che ha messo in luce aspetti poco conosciuti ma capaci di incidere profondamente sulla salute dei minori che praticano sport: un insieme di fenomeni di violenza, abuso, prevaricazione, negligenza e indifferenza.

Lo studio dell’Unicef si basava su indagini autorevoli condotte tra il 2014 e il 2019. Una di queste2 esordiva proprio evidenziando che, oltre ai riconosciuti e innegabili benefici legati alla pratica dello sport, esisteva un’ampia gamma di effetti collaterali sommersi, legata a dinamiche ed eventi di cui non si sentiva mai parlare.

A ribadirlo è stata una ricerca sul benessere psico-fisico dei giovani atleti3, condotta in sei Paesi europei – Austria, Belgio, Germania, Romania, Spagna e Regno Unito – e pubblicata nel febbraio 2022. È emerso che circa il 75% degli intervistati aveva subito abusi o molestie, anche solo a livello psicologico, nel corso della propria esperienza sportiva.

In Italia, seppur con percentuali di manifestazione del fenomeno più contenute, un panorama simile è stato messo in luce da uno studio condotto dalla Fondazione Nielsen su richiesta di Change the Game4 e pubblicato nel 2023.

Strumenti per contrastare la violenza nello sport

Considerata l’attenzione data allo sport come strumento di benessere, come occasione di socializzazione e risorsa per la tutela della salute psico-fisica dei minori, il quadro emerso è risultato così preoccupante che ha indotto il nostro legislatore a cercare uno strumento idoneo a presidiare le attività sportive di ogni ordine e grado con prescrizioni tutelanti

La scelta è ricaduta su quello che, per enti e aziende, si è rivelato essere lo strumento più efficace per il controllo dei processi interni e il contrasto alla commissione di illeciti. Vale a dire l’adozione del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo disciplinato dal D. Lgs. 231/2001. 

L’art. 16 del D. Lgs. 39/2021 ha incaricato federazioni sportive, associazioni sportive ed enti di promozione di elaborare, in accordo con il CONI, delle Linee Guida per la predisposizione di MOGC e di Codici di Condotta, volti in particolare a contrastare la violenza di genere e ogni altra forma di discriminazione nello sport.

L’idea di fondo è stata quella di proporre un sistema di controllo in grado di abbracciare le numerose aree di attività così da mappare i rischi correlati a

  • le singole figure professionali implicate, 
  • i diversi ambienti in cui gli atleti potrebbero trovarsi,
  • le varie attività in cui potrebbero essere coinvolti. 

Alla base di questa disposizione c’è anche la consapevolezza che, in genere, chi opera nel contesto sportivo è preparato sulla disciplina che pratica e insegna ma molto meno sulla prevenzione dei reati, o sulla gestione delle situazioni potenzialmente pericolose e sulla loro mitigazione.

Applicazioni del MOGC e criticità per le associazioni sportive

L’idea del MOGC è apparsa subito molto ambiziosa ma certamente adeguata a realtà imprenditoriali strutturate, come le squadre professionistiche che gareggiano in competizioni di alto livello in ambito nazionale e internazionale. Tuttavia si è posto il problema della ricaduta che la richiesta di adottare uno strumento tanto complesso avrebbe avuto su contesti molto più semplici e meno organizzati. 

Per esempio, pensiamo alle squadre dilettantistiche che gareggiano nei campionati minori, o al vero tessuto dello sport diffuso: le piccole realtà locali, le associazioni dilettantistiche, magari costituitesi in seno al contesto parrocchiale per la gestione del campetto sportivo del paese.

Se l’adozione di un modello organizzativo è sembrato un obbligo non solo sostenibile ma decisamente adatto e opportuno per le grandi squadre, molti hanno messo in dubbio il fatto che questo strumento potesse essere adeguato ai contesti minori.

MOCAS, Codice di Condotta e la nomina del safeguardian

Dal dibattito che si è generato è emersa la necessità per tutte le realtà sportive di adottare un MOCAS, ovvero un Modello di Organizzazione e Controllo dell’Attività Sportiva improntato al safeguarding, cioè alla salvaguardia dei diritti dei tesserati, con la conseguente nomina di un così detto safeguardian, responsabile di controllare che le tutele predisposte siano realmente messe in atto.

Così come accade per i Modelli di Gestione e Controllo, per agevolare le buone pratiche e prevenire episodi illeciti, il MOCAS deve sempre essere corredato da uno specifico Codice di Condotta. L’obiettivo del codice è chiarire a quali principi etici e a quali regole di comportamento è improntata l’attività della realtà sportiva e, di riflesso, di tutti coloro che entrano in contatto con essa.

Per garantire l’efficacia delle regole stabilite, ogni realtà sportiva – anche priva di personalità giuridica – è stata chiamata a dotarsi di procedure di gestione via via più articolate a seconda della complessità del contesto, e di sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle regole.

Per diffondere l’adozione di tali strumenti di prevenzione, il CONI ha rafforzato la previsione legislativa con la Delibera della Giunta Nazionale CONI n. 255 del 25/07/2023. Con tale provvedimento ha imposto a tutte le Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate, agli Enti di promozione Sportiva e alle Associazioni Benemerite di dotarsi di Linee Guida per la predisposizione di Modelli, Codici di Condotta e Regolamenti contenenti sanzioni per le eventuali inosservanze e ha fornito un canovaccio. Inoltre, ha stabilito un termine entro cui tali adempimenti avrebbero dovuto essere realizzati e ha richiesto la comunicazione del nominativo del safeguardian, il Responsabile per la prevenzione di illeciti e discriminazioni.

Il sistema avrebbe dovuto essere già a regime, ma, considerata la complessità delle implementazioni da adottare per le piccole realtà, la scadenza per comunicare alle Federazioni di appartenenza la nomina del safeguardian è stata fatta slittare al 31 dicembre 2024.

Le sanzioni per le associazioni sportive

La violazione degli obblighi di adozione del modello e di nomina del Responsabile delle politiche di safeguarding costituisce una violazione degli obblighi di lealtà, probità e correttezza ai sensi del Regolamento di Giustizia Sportiva.

Nel caso in cui tali adempimenti perentori non vengano soddisfatti, l’associazione potrà incorrere in sanzioni 

  • penali, con la condanna al pagamento di una somma di importo variabile a seconda che si tratti di livello professionistico o dilettantistico,
  • interdittive, con l’impossibilità di partecipare a determinate competizioni sportive,

oltre che in un danno reputazionale.

Garanzie e segnalazioni per tutelare i giovani atleti

Gli adempimenti per le realtà sportive sono numerosi e incidono su moltissimi profili, in primis organizzativi e di impostazione di tutta l’attività.

Le associazioni sportive devono richiedere il certificato del casellario giudiziale, con valenza semestrale, per tutti i collaboratori e i volontari che avranno a che fare in modo continuativo con i minori. Considerata la delicatezza degli interessi in gioco, anche il safeguardian dovrebbe fornire il proprio certificato del casellario giudiziale, detto anche “certificato antipedofilia”, per garantire l’assenza di cause che impediscano l’assegnazione dell’incarico.

Sarà importante che la figura del Responsabile contro gli abusi venga ricoperta in tutti i contesti, incluse le piccole realtà, da una persona adeguatamente formata. Il safeguardian dev’essere capace di effettuare verifiche, anche sul campo, nel rispetto delle prescrizioni contenute nel MOCAS e nel Codice di Condotta; dev’essere capace di esigere chiarimenti e azioni correttive, qualora emergano criticità; infine dev’essere in una posizione di terzietà tale da non avere remore a procedere immediatamente con le segnalazioni, se necessario.

Per soddisfare il requisito richiesto dal CONI di assoluta terzietà, le ASD e le SSD dovranno nominare il Responsabile Safeguarding necessariamente al di fuori dell’associazione, per garantire che le segnalazioni possano essere trasmesse anche nelle piccole realtà. 

Anche le segnalazioni anonime devono essere consentite e il Responsabile dovrà predisporre delle procedure idonee a garantire questa opzione. Il MOCAS dovrà prevedere la possibilità di effettuare sopralluoghi e accessi a sorpresa, acquisire documentazione e svolgere indagini volte a fugare ogni dubbio sulle circostanze relative alle singole segnalazioni di abusi e violenze sugli atleti.

Conclusioni

È difficile prevedere oggi le ricadute pratiche che tale strumento avrà. Nonostante questo, la sua adozione obbligatoria ha sortito l’effetto di sensibilizzare in modo capillare il mondo sportivo sulla necessità di prevenire fenomeni illeciti quali abusi, violenze e discriminazioni. Il che, di questi tempi, è certamente un grande risultato.