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Eredità digitale: cosa succede ai nostri dati e account dopo la morte?

3 Maggio 2023

Quanti di noi sono consapevoli del fatto che, almeno potenzialmente, le informazioni che divulghiamo sul web possono raggiungere qualsiasi angolo della rete e rimanere accessibili per sempre? Si tratta del tema che gli studiosi di diritto riassumono nell’espressione “eredità digitale” e che sta diventando sempre più urgente ed importante.

«La mattina del 14 novembre 2014, acceso lo smartphone, ricevo una notifica da Facebook, la quale mi ricorda di fare gli auguri di compleanno al mio amico Alessandro. Contribuisci a rendere unica la sua giornata, il messaggio accanto alla foto del profilo. Tutto nella norma, non fosse che Alessandro è morto durante l’estate precedente. Per alcuni secondi rimango inebetito e spaesato, non riuscendo a mettere bene a fuoco quello che è appena successo. Mi viene, però, spontaneo andare immediatamente sulla sua pagina Facebook, cominciando a scorrere il diario, rileggendo qualche status, osservando le fotografie condivise. E, subito dopo, recupero le conversazioni private su Messenger e WhatsApp (…)»

Questo incipit di un bel libro di Davide Sisto1 descrive un’esperienza che credo sia ormai capitata a ciascuno di noi. 

Viviamo immersi nella rivoluzione digitale; una rivoluzione che interessa sia la nostra vita quotidiana, sia l’idea che abbiamo di noi stessi. Come ha scritto Luciano Floridi, le Information and Communication Technologies (ICT) «stanno modificando o creando l’ambiente in cui viviamo», al punto che «abbiamo iniziato a concepire noi stessi come inforg, non attraverso qualche trasformazione biotecnologica del nostro corpo, ma, più seriamente e realisticamente, attraverso la radicale trasformazione del nostro ambiente e degli agenti che vi operano»2.

Corpo fisico e corpo elettronico

Nella rivoluzione digitale «tutto sta cambiando molto rapidamente: geografie politiche, modelli economici, relazioni sociali, modi di vivere e di pensare»3. Ormai ognuno di noi ha un vero e proprio corpo elettronico che si affianca e si integra in maniera inestricabile col corpo fisico4, in una commistione tra vita online e vita offline che tutti noi sperimentiamo quotidianamente. Sempre Luciano Floridi ha coniato il termine, particolarmente centrato, di dimensione onlife5.  

Agli avvocati che, come noi, si occupano di diritto civile applicato al web e alle nuove tecnologie, appare sempre più chiaro che quello della morte della persona costituisce un momento cruciale, particolarmente delicato, in cui corpo fisico e corpo elettronico si separano. Con la morte l’affascinante commistione della dimensione onlife cessa: l’offline non esiste più e l’online resta fluttuante nel cyberspazio senza la solidità di un corpo a cui riferirsi.

La questione non è affatto astratta, né solamente filosofica. Eppure sono in tanti a operare sui propri account di posta elettronica, sui social network, sui blog, senza chiedersi quale sorte avrà, dopo la morte, quell’impressionante massa di dati e informazioni personali che hanno fornito ai sistemi informatici e che lì sono rimasti immagazzinati. Se non altro sul piano giuridico, l’Italia in questo è all’avanguardia.

Eredità digitale e tutela dei dati post mortem

Il Regolamento GDPR6 ha disciplinato alcuni dei nostri diritti fondamentali sui dati personali. Si tratta in particolare dei diritti all’accesso (art. 15), alla rettifica (art. 16), alla cancellazione e all’oblio (art. 17), alla limitazione del trattamento (art. 18), all’obbligo di notifica in caso di rettifica o cancellazione dei dati personali o limitazione del trattamento (art. 19), alla portabilità dei dati (art. 20), all’opposizione (art. 21), oltre a quelli relativi al processo decisionale automatizzato riguardante le persone fisiche, compresa la profilazione (art. 22). 

In più l’Italia ha scelto di estendere la tutela anche ai dati personali delle persone decedute, introducendo nel Codice della Privacy (D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196) l’art. 2-terdecies. Si tratta di una norma molto importante, che merita di essere riportata:

1. I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione.

2. L’esercizio dei diritti di cui al comma 1 non è ammesso nei casi previsti dalla legge o quando, limitatamente all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione, l’interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest’ultimo comunicata.

3. La volontà dell’interessato di vietare l’esercizio dei diritti di cui al comma 1 deve risultare in modo non equivoco e deve essere specifica, libera e informata; il divieto può riguardare l’esercizio soltanto di alcuni dei diritti di cui al predetto comma.

4. L’interessato ha in ogni momento il diritto di revocare o modificare il divieto di cui ai commi 2 e 3.

5. In ogni caso, il divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi.

Art. 2-terdecies

Leggendo l’art. 2-terdecies si capisce bene come la situazione di ciascuno di noi, nel caso dovessimo venire a mancare, non è priva di tutela. I diritti che ci spettano potranno essere esercitati anche dopo la nostra morte da alcuni soggetti: chi ha un interesse proprio o chi possa agire a nostra tutela per meritevoli ragioni familiari o perché, con un mandato scritto in vita, lo abbiamo incaricato in tal senso. Si tratta in particolare dei nostri più stretti congiunti, i coniugi, i figli, i genitori o quei familiari che possano dimostrare di aver avuto con noi un legame importante. La possibilità di scrivere un mandato ci consente inoltre di allargare il novero di queste persone, scegliendo anche al di fuori della cerchia familiare, magari fra gli amici più fidati o affidandosi ad un professionista.

Possiamo anche decidere di tutelare al massimo la nostra privacy e vietare l’esercizio dei diritti di accesso ai dati. Si inizia a parlare in questo senso di un vero e proprio “testamento digitale”. Occorre però fare attenzione perché l’atto con cui si esprime il divieto deve rispettare i requisiti previsti dai commi 2 e 3 dell’art. 2-terdecies: dev’essere scritto e la volontà deve risultare in modo non equivoco e deve essere specifica, libera e informata. Il divieto inoltre può essere revocato o modificato in ogni momento.

Non si tratta di atti semplici, ma la rivoluzione digitale ci obbliga a diventare utenti del web sempre più informati e consapevoli dei nostri diritti.

Le prime applicazioni in Italia

L’art. 2-terdecies del Codice della Privacy è già stato applicato con successo nei tribunali.

Il primo a pronunciarsi in Italia è stato il Tribunale di Milano, con l’ordinanza del 10 febbraio 2021. Il caso riguardava un giovane che svolgeva l’attività di chef nel settore della ristorazione e che era morto in un grave incidente stradale avvenuto nel febbraio 2020. Il suo telefono cellulare era andato distrutto nel violentissimo impatto, rendendo impossibile recuperare direttamente i dati conservati al suo interno. Il giovane aveva però collegato il dispositivo a un sistema di sincronizzazione online – iCloud – attraverso il quale i dati stessi potevano essere recuperati. 

I genitori pertanto – dopo essersi rivolti direttamente al provider e aver ricevuto una risposta negativa – avevano chiesto al Tribunale di Milano di poter accedere in via d’urgenza al cloud «in modo da potere cercare di colmare – almeno in parte – quel senso di vuoto e l’immenso dolore che si accompagna alla prematura perdita di un proprio caro» e in quanto «il figlio dei ricorrenti era solito scrivere sui predetti dispositivi le ricette dallo stesso sperimentate e i genitori avevano interesse a recuperare le ricette allo scopo di realizzare un progetto dedicato alla sua memoria (ad esempio, un libro di ricette)». 

Il Tribunale di Milano ha accolto la richiesta applicando l’art. 2-terdecies del Codice della Privacy, stabilendo che i genitori del defunto «sono legittimati ad esercitare il diritto di accesso ai dati personali del proprio figlio improvvisamente deceduto» e riconoscendo che il legame genitori-figli dimostra di per sé «l’esistenza delle ragioni familiari meritevoli di protezione richieste dalla norma»7.

Dello stesso avviso il Tribunale di Bologna con l’ordinanza del 25 novembre 20218. Anche qui la madre di un ragazzo deceduto il 19 ottobre 2020 chiedeva di poter accedere all’account iCloud associato al suo smartphone per poter recuperare fotografie, video o altri contenuti «in modo tale da poter colmare, almeno in parte, il senso di vuoto, le domande senza risposta e il dolore immenso causati dalla prematura e tragica scomparsa del proprio figlio»; ed anche qui il giudice ha riconosciuto il diritto della madre. 

Infine, il 10 febbraio 2022 si è espresso il Tribunale di Roma9 sul ricorso proposto dalla moglie di un soggetto morto improvvisamente nel maggio del 2021. Anche in questo caso il defunto era titolare di uno smartphone associato a un account di archiviazione e anche in questo caso la richiesta della moglie è stata accolta sulla base dell’art. 2-terdecies.

Ultime considerazioni

Leggendo le ordinanze del Tribunale di Bologna e di quello di Roma si capisce tra l’altro che, diversamente dal caso milanese, il provider chiamato in giudizio non aveva assunto una posizione oppositiva, chiedendo il rigetto del ricorso, bensì aveva riferito di essere disponibile a collaborare per consentire l’accesso ai dati purché dietro ordine del giudice. Si tratta, forse, di un’apertura da parte dei fornitori dei servizi del web verso un comportamento più collaborativo che non possiamo che salutare con favore.

Un’ultima avvertenza, che si ricava proprio da questi casi: se si vogliono recuperare i dati bisogna muoversi in fretta, perché molti fornitori eliminano gli account dopo un certo periodo. Non a caso è stato proprio questo il motivo per cui è stata riconosciuta la tutela d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c. da parte dei giudici di Milano, Bologna e Roma.

P.s.: per chi volesse approfondire, rinvio a questo mio più ampio articolo: La successione mortis causa nei rapporti contrattuali: spunti interpretativi sull’art.2-terdecies Codice Privacy e sull’eredità “digitale”, in Contratto e impresa, 2022, pp. 677 ss.

Note dell'articolo

1.

D.Sisto, La morte si fa social, Torino, 2018, p. 9.

2.

L.Floridi, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Milano, 2017, p. 109.

3.

L.Paccagnella-A.Vellar, Vivere online. Identità, relazioni, conoscenza, Bologna, 2016, p. 11.

4.

Lo osservava più di vent’anni fa Stefano Rodotà nella Relazione 2002 quale Garante per la Protezione dei Dati Personali, letta a Roma il 20 maggio 2003: «È nata una nuova concezione integrale della persona, alla cui proiezione nel mondo corrisponde il forte diritto di non perdere mai il potere di mantenere il pieno controllo sul proprio ‘corpo elettronico’, distribuito in molteplici banche dati, nei luoghi più diversi. Un diritto che si caratterizza ormai come componente essenziale della nuova cittadinanza, da intendere come il fascio di poteri e doveri che appartengono ad ogni persona, e non più come il segno d’un legame territoriale o di sangue» (così a p. 7; la Relazione è leggibile sul sito www.garanteprivacy.it).

5.

L.Floridi, Op. cit., p. 107.

6.

Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati): in inglese General Data Protection Regulation o, appunto, GDPR).

7.

La decisione del Tribunale di Milano è pubblicata in numerose riviste, ad esempio in: Corriere giuridico, 2021, p. 658 ss.; La giurisprudenza italiana, 2021, p. 1600 ss.; Famiglia e diritto, 2021, p. 622 ss.

8.

Pubblicata in Famiglia e diritto, 2022, pp. 710 ss.

9.

Decisione leggibile online in onelegale.wolterskluwer.it